Facendo il lavoro dell’educatore (nelle sue più varie accezioni), mi sono sempre interrogato su un concetto che, nelle varie situazioni, emerge di potenza: quale distanza/vicinanza tenere con gli educandi (utenti non mi è mai piaciuto).

In realtà non è un concetto solo del campo educativo, ma rientra in un ambito molto più ampio e vasto, che va dalla squadra di calcio al lavoro in fabbrica o in azienda.

Vi è mai capitato di essere a casa, in riposo, dopo una giornata, più o meno, pesante, che state cercando di staccare totalmente la testa, le emozioni, scrollandovi di dosso un po’ tutto, quando vi squilla il telefono, ed è proprio una telefonata che riguarda il lavoro, ma non di lavoro? Capita a tutti. Anche a me.

Qui bisogna aprire una parentesi: ci sono diversi tipi di relazione, alcune sono paritarie, o simmetriche, altre sono complementari, cioè regolate da un rapporto di subordinazione. Concetti questi, estrapolati dagli assiomi della comunicazione di Watzalvick, Palo Alto. Cosa intendo? tra colleghi il rapporto è tra pari, entrambi “valgono” uguale. Mentre nel rapporto complementare uno “vale” di più per il ruolo che occupa. In un altro articolo vedremo quando la simmetria non è rispettata o riconosciuta.

Tra educatore ed educando il rapporto non può essere che complementare, dove uno detta le regole e l’altro le accetta, le mette in atto, in discussione, insomma fa la sua parte. Un po’ come tra genitori e figli.

Dicevamo… vi è mai capitato? beh si! capita a tutti, anche a me. Quando mi è successo era dovuto al fatto che avevo aperto delle finestre, o delle porte, lasciando entrare il mondo nel mio spazio vitale. Un po’ come accade nel “fu Mattia Pascal”:

– La tragedia d’Oreste in un teatrino di marionette! – venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari. – Marionette automatiche, di nuova invenzione. Stasera, alle ore otto e mezzo, in via dei Prefetti, numero cinquantaquattro. Sarebbe da andarci, signor Meis. – La tragedia d’Oreste?

 – Già! D’après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l’Elettra. Ora senta un po, che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei.

 – Non saprei, – risposi, stringendomi ne le spalle.

 – Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo.

 – E perché?

 – Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma, diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.

-“Il Fu Mattia Pascal” L. Pirandello

Succede questo anche a noi, rimarremmo impietriti, invasi nel nostro spazio, senza certezze, equilibristi senza sicurezza.

Uno dei precetti che mi sono sempre dato, delle regole auree intorno cui basare il mio modus operandi, è stato quello di avere dei confini rigidi, dei paletti, dichiarati a inizio della relazione, che dettassero delle regole ferree per il gioco relazionale che si va a creare. Questo mio modo di fare ha garantito me e garantito loro. Ecco alcune delle regole:

  • dare importanza al ruolo: io e te abbiamo ruoli diversi, ognuno fa la sua parte e ha i suoi compiti
  • non trattenersi: sapere che ogni relazione ha bisogno di essere vissuta al suo massimo, ma ha anche bisogno di qualità, non di quantità. Ogni momento passato insieme è fondamentale, ma poi ognuno di noi ha bisogno dei suoi spazi
  • saper dosare al massimo i propri stili di leadership, un po’ come faceva Bob Paisley https://it.wikipedia.org/wiki/Bob_Paisley
  • essere chiaro sul fatto: quando sono qui e ci sono al 100% per te, mentre quando non sono qui devo dare la mia attenzione al 100% ad altri.

Quello che diceva anche la Volpe al Piccolo Principe: pensare al prossimo incontro, a cosa dire, cosa fare, sapere che si è nella testa dell’altro e nel cuore, è molto bello.

Riuscire a preservare un proprio spazio è molto utile e vitale, ma per farlo si possono creare delle situazioni “nevrotiche”, dove il mio modo di essere in relazione è solo una parte da recitare, poco genuina, ottenendo sicuramente la salvaguardia del proprio spazio, ma “prendendo per il culo” chi è dall’altra parte, che, una volta scoperta la truffa relazionale, si ritirerà non lasciando più spiraglio per lavorare con lui e quindi per colpa di una menzogna si compromette qualcosa che poteva essere molto bello.

Quindi, dosando bene le energie e la distanza, si riescono a fare delle esperienze di successo, per tutti e due gli attori coinvolti, senza essere invischiati in vortici da cui diventa difficile mantenere una certa obiettività.

Spero che queste due righe possano essere utili a qualcuno, come spunto di riflessione.

Grazie