Parola giapponese creato dopo la seconda guerra mondiale, in ambito business, dalla Toyota, Composta di due ideogrammi:

KAI ? Cambiamento

ZEN ? Migliore

Il significato è CAMBIAMENTO CONTINUO.

Nella psicologia e nel coaching entra in tempo più recenti, partendo dalla ruota di Deming o ciclo PDCA (dedicherò un post a riguardo).

Il concetto che è dietro è un dei concetti che amo di più: miglioramento passo dopo passo, piccoli passi alla volta.

Molte volte mi capita di vedere guru o fuffa coach promettere risultati in tempi ultra rapidi: “bastano due ore e sei già diventato chi volevi essere”.

Voi penserete: ma tu non usi un approccio breve? Ma non sei quello che dice che il cambiamento può essere rapido?

Sì, sono io! Ma lasciate che vi spieghi: per far crollare un palazzo, mettendo le cariche esplosive nei punti giusti ci vuole poco! Metti le cariche, schiacci un bottone e Boom ?! Viene giù tutto. Poi però il palazzo va ricostruito, più forte e resistente di prima.

Quindi per sbloccare un problema ci può volere anche poco, ma per consolidare serve del tempo.

? questo è un lavoro ben fatto, con un professionista:

✅si innesca il cambiamento

✅si viene guidati a trovare le risorse giuste dentro di sé

✅ si viene guidati a fare esperienze ristrutturanti

✅ si costruisce un “nuovo palazzo” più robusto e sano di prima

Questo facendo piccoli passi, prima con il supporto di un esperto, poi da soli.

? questo è KAIZEN

Nella psicologia della performance e dello sport, tanti modelli prendono spunto proprio dal metodo Kaizen, proprio per la sua semplice utilità ad alto impatto di efficacia.

In sostanza ogni buon performer deve analizzare la sua situazione e compiere dei piccoli miglioramenti costanti e quotidiani. Tali miglioramenti lo porteranno da un punto A ad un Punto B, cioè, da dove sono ora a dove saranno poi.

Mi capita spesso di lavorare con dei clienti che hanno questo approccio alla vita, hanno tutti una caratteristica comune, sembrano non accontentarsi mai di ciò che ottengono, ma questo apre le porte ad aspetti in controtendenza.

Qualche anno fa, a Tokyo, chiacchieravo con Yoshi-San, una Local Guide, prossimo alla pensione e manager di una multinazionale giapponese. Cercavo di capire come la filosofia Kaizen fosse mutata negli anni, con l’avvento della globalizzazione dei mercati, della frenesia aumentata della vita e di tutte le rivoluzioni silenziose che ci sono state. Ricordo che Yoshi mi disse una cosa che mi lasciò a bocca aperta, un po’ perché pensavo al kaizen come il bene assoluto e un po’ perché non mi aspettavo di trovare un fantozzi Giapponese. Quello che mi disse suonava come: Il kaizen è una ca**ta pazzesca!.

Mi raccontò di come i manager erano divisi in 3 categorie:

  • quelli che lavoravano senza strafare, 8-18
  • quelli che volevano fare un po’ di carriera, 8-21
  • quelli che volevano fare carriera in fretta, 8-24

Quei numeri di fianco sono gli orari di entrata e di uscita.

Mi raccontò anche che molti, poi, vivendo in città da soli, finito di lavorare si infilano nella Izakaya, le birrerie con cucina, a ubriacarsi prima di tornare a casa. Molti poi, cadono in forti depressioni dovute al Work Alcoholism, Dipendenza da lavoro.

Alcuni Libri utili a questo: